DICHIARAZIONE A VERBALE AL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE QUADRO PER LA DEFINIZIONE DEI COMPARTI E DELLE AREE DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE (2019-2021)

La CONFEDIR, al termine della riunione odierna, non sottoscrive il contratto collettivo nazionale quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale (2019-2021).

Si ribadiscono e si riportano, di seguito, le motivazioni che non consentono alla scrivente Confederazione la sottoscrizione del CCNQ, già esplicitate nel corso delle trattative e della dichiarazione a verbale all’ipotesi di contratto collettivo nazionale quadro per la definizione dei comparti e delle aree di contrattazione collettiva nazionale (2019-2021) siglata il 15 aprile u.s.

Il CCNQ siglato, dopo due anni di confronto contempla un rinvio della definizione della composizione delle aree dirigenziali (art. 7).

L’elmento ostativo per un rapido accordo è stato da subito il comma 687 della Legge di bilancio n. 145/2018, che colloca il personale dirigenziale PTA nell’Area Sanità. Tale collocazione è, altresì, ribadita nell’atto di indirizzo.

Le motivazioni per cui è legittimo l’inserimento della PTA nell’Area Sanità vengono di seguito enunciate:

  1. 1.      comma 687 della legge n.145/2018, il quale dispone che la dirigenza professionale, tecnica ed amministrativa (PTA) del SSN deve essere collocata nell’Area Sanità;
  • atto di indirizzo coerente con la legge n. 145/2018, comma 687, così come modificato;
  • la dirigenza PTA del SSN non è solo una dirigenza gestionale, ma anche professionale, comunque strategica per un corretto funzionamento della macchina sanitaria. Le importanti riforme che interesseranno la Sanità e contenute nel PNRR potranno indubbiamente essere agevolate da un unico contratto di lavoro per tutta la dirigenza. La stessa dirigenza della PTA confluendo nello stesso contratto della Sanità potrebbe trarne degli indubbi benefici, con l’accoglimento, peraltro, delle richieste di alcune sigle sindacali, che per anni hanno rivendicato l’applicazione proprio alla PTA di alcuni istituti giuridici riservati alla dirigenza del ruolo sanitario;
  • l’inserimento della PTA nel CCNL delle funzioni locali 2016-2018 non ha comportato per la categoria particolari benefici, in quanto il contratto è diviso per sezioni, resesi appunto necessarie in quanto non è possibile omogenizzare tale categoria alle altre figure dirigenziali. La dirigenza PTA è più vicina, infatti, alla dirigenza medica per carriera ed ordinamento professionale, che a quella degli Enti Locali;
  • l’inserimento della PTA nell’Area delle funzioni locali sta provocando delle vere e proprie patologie alla contrattazione decentrata, nonché confusione perché le ASL sono tenute a confrontarsi con le OOSS firmatarie di 2 Aree di contrattazione (enti locali e sanità);
  • la collocazione della dirigenza PTA nell’Area Sanità non ha impatto finanziario e va nella direzione di migliorare la gestione delle risorse finanziarie.

Nel corso del biennio alcune Organizzazioni sindacali hanno inutilmente cercato di far emendare il comma 687, recentemente presentando anche emendamenti ad alcuni decreti legge in materia di salute, che nulla hanno a che vedere con la futura contrattazione collettiva nazionale. In tali proposte emendative si ravvisa una violazione del principio di omogeneità tra decreto legge e legge di conversione con emendamenti di cui all’art 77 Cost.

Con la sentenza n. 22 del 2012, la Corte costituzionale ha affermato l’incostituzionalità degli emendamenti ad un decreto-legge, se flagrantemente estranei all’oggetto e alle finalità di questo.

La loro approvazione importa, secondo la Corte, un “uso improprio” del potere parlamentare di conversione e concreta un vizio di legittimità costituzionale in parte qua della legge di conversione. La conversione del decreto-legge rappresenta, infatti, un procedimento vincolato, come ancora chiarito dalla sentenza n. 22 del 2012 della Corte costituzionale che si concentra sulla conversione in legge del decreto-legge (solo di riflesso trattando della decretazione d’urgenza in quanto tale), affermando che il procedimento di conversione si imbatte nel vincolo costituzionale dell’omogeneità delle modificazioni apportate dal Parlamento, rispetto al testo del decreto-legge.

Ove tale omogeneità manchi, e la modificazione approvata dal Parlamento sia da ritenersi del tutto estranea (per oggetto o finalità) al testo del decreto-legge d’iniziativa del Governo, si ha illegittimità costituzionale della disposizione modificativa, recata dalla legge di conversione.

La illegittimità costituzionale non è imputabile ad assenza dei presupposti di necessità ed urgenza delle disposizioni introdotte. Essa è piuttosto la conseguenza – rileva la Corte costituzionale – di un uso improprio del potere parlamentare di conversione, collidente con la disciplina costituzionale del suo (peculiare e tipico) procedimento.

Ancora sulla questione è intervenuta, la sentenza della Consulta n. 2/2016: “l’esame del contenuto della disposizione impugnata denota, pertanto, la palese estraneità delle disposizioni censurate, aggiunte in sede di conversione, rispetto ai contenuti e alle finalità del decreto-legge in cui sono state inserite, in modo da evidenziare, sotto questo profilo, una violazione dell’art. 77, secondo comma, Cost. per difetto del necessario requisito dell’omogeneità, in assenza di qualsivoglia nesso funzionale tra le disposizioni del decreto-legge e quelle introdotte, con emendamento, in fase di conversione”.

Tale uso improprio del potere parlamentare di conversione è stato recentemente stigmatizzato anche dal Presidente della Repubblica (lettera al Parlamento e al Governo in occasione della promulgazione della legge sui “sostegni bis” nella quale invita a tenere in gran conto il principio di omogeneità, pena il respingimento alle Camere dei decreti legge).

Ad oggi dopo due anni non sono sopraggiunte, né presumibilmente sopraggiungeranno modifiche alla legge, visto il recente monito del Presidente della Repubblica, né modifiche all’atto di indirizzo, da rilevare, infine che la possibile incostituzionalità di una norma modificativa del comma 687 andrebbe ad inficiare il successivo accordo.

La CONFEDIR ribadisce la richiesta di siglare nei prossimi giorni la proposta di ARAN (predisposta e discussa nella riunione del 25 marzo 2021), già avanzata da Parte pubblica per la

prima volta il 12 giugno 2019 che all’art. 7 comma 5 enunciava: “L’area della Sanità comprende i dirigenti delle amministrazioni del comparto Sanità di cui all’art. 6 ed in particolare i dirigenti medici, veterinari, odontoiatri e sanitari, ivi compresi i dirigenti delle professioni sanitarie di cui all’art. 6 della legge 10 agosto 2000, n. 251, nonché i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali”.

La CONFEDIR conferma quanto dichiarato da sempre: il rinnovo dei contratti deve essere contestuale sia per i comparti che per le aree, il rinnovo della Pubblica Amministrazione e delPaese passa anche attraverso il rinnovo dei CCNL della dirigenza pubblica, per i quali ci si avvia alla scadenza.

La CONFEDIR conclude auspicando un’imminente convocazione da parte di ARAN per la definizione della composizione delle aree dirigenziali e, di conseguenza, l’avvio delle trattative per il rinnovo dei CCNL anche delle stesse.

Firmato da:Michele Poerio

Data: 03/08/2021 19:45:45